Descrizione
«Un viaggio attraverso le esperienze artistiche più creative della seconda metà del secolo scorso – racconta il direttore del MuSa Giordano Bruno Guerri – in un susseguirsi di camere delle meraviglie». Il Musa diventa così il luogo mistico in cui poter incontrare le alchimie di Agostino Arrivabene, il mondo fantastico e indecifrabile di Luigi Serafini, le presenze di Domenico Gnoli, l’aldilà di Cesare Inzerillo e la prorompente ricerca di Gaetano Pesce.
«Non c’è altro modo di essere contemporanei che essere qui e ora – dice Vittorio Sgarbi – così, insieme alla contemporaneità di ciò che esiste, c’è la contemporaneità di ciò che è esistito e continua a vivere».
L’esposizione – con la direzione artistica di Giovanni Lettini, Sara Pallavicini e Stefano Morelli – inizia con le stanze di Agostino Arrivabene, a mezz’aria tra luoghi magici e wunderkammer. Chi osserva le opere di Arrivabene partecipa a un viaggio iniziatico capace di far vivere esperienze di carattere mistico che travalicano i limiti cognitivi dello spettatore, del conscio e dell’inconscio, in una continua esplorazione del nostro “universo intimo” tra vite già vissute o vagheggiate. Dipinti colti, seducenti, intrisi di simboli e ispirati, oltre che dai Maestri del XV-XVI secolo, dalla mitologia classica, come testimoniano le opere in mostra, tra cui “I sette giorni di Orfeo”, “Nýx”, “Athena”.
Varcando la soglia si prosegue nel mito e ci si ritrova nel giardino notturno di Luigi Serafini dove, sotto una brillante luna crescente, ci appare, come in un sogno, immersa dal rumore dei grilli, una Persèfone dormiente, materializzatasi come per magia dalle pagine del Codex Seraphinianus nel pieno della sua metamorfosi. Serafini non finisce mai di stupire per le invenzioni e anche per la straordinaria perfezione nell’esecuzione delle sue realizzazioni. Il suo Codex è un’opera sconvolgente, una così prodigiosa impresa che, nella sensibilità contemporanea, rappresenta l’avventura più fantasiosa dopo de Chirico, Savinio e i surrealisti.
Si lascia il buio della notte e, avvicinandosi alle opere di Domenico Gnoli, ci si avvicina al segreto delle cose, alla loro essenza. Per Gnoli “le cose ordinarie in se stesse, ingrandite per l’attenzione che si dedica loro, sono più importanti, più belle e più terribili di quanto avrebbero potuto renderle qualsiasi invenzione e fantasia”. L’universo si può chiudere in una stanza, in questa stanza, dipinta con il medesimo colore del Buste en vert (1964, olio su tela, 92 x 93 cm), grande protagonista di questa sezione.
In un corridoio tappezzato per l’occasione con carta da parati dal sapore barocco, Cesare Inzerillo allinea i suoi residui di umanità, accomodati come le persone che furono, nei ruoli che ebbero. Una classe morta, come fu quella di Tadeusz Kantor che rappresentava gli uomini dall’altra parte della vita ormai senza più nessuna possibilità di fare nulla, ma ancora nei banchi di una classe, in una scuola popolata di fantasmi. Inzerillo porta a Salò la sua realtà sfigurata dalla morte e dai suoi rituali. Comportamenti quotidiani, attitudini, modi di essere, di vivere.
Infine entriamo nell’orbita di Gaetano Pesce, uno dei maggiori interpreti della cultura contemporanea internazionale. La sua ricerca travalica i confini tra arte, architettura e industria costruendo un universo immaginifico di oggetti riconosciuti in tutto il mondo. Ciascuna delle opere in mostra, compreso lo straordinario e mutevole Profilo di ghiaccio, racconta la diversità di un autore che ha fatto della multidisciplinarietà e del diritto all'incoerenza la traccia del proprio percorso. Ogni oggetto ha una vita propria. Ognuno di loro sembra interrogarci con le parole del loro autore: “La differenza è vita?”, “Esiste un’estetica del difetto?”, “L’uso quotidiano uccide l’oggetto d’arte?". Domande complesse, alla base dell’esercizio creativo contemporaneo, a cui gli oggetti stessi, con la loro semplice e gioiosa esistenza, sembrano dare risposta.
L’allestimento acquista un carattere estremamente scenografico e coinvolgente grazie ai rapporti di colore delle resine donate da Gobbetto (sponsor tecnico dell’iniziativa), utilizzate nelle sale dell’esposizione.
«Contemplazioni: i visionari, è la quarta grande mostra – dice Gianpiero Cipani, Sindaco di Salò – che il MuSa organizza con il gruppo di Vittorio Sgarbi da quando, nel 2015, ha aperto i battenti, ottenendo lo straordinario successo di superare in soli tre anni centomila visitatori». Nell’ultima sezione espositiva, la Civica Raccolta del Disegno di Salò mette in mostra una prestigiosa selezione di disegni a cura di Anna Lisa Ghirardi. Le carte esposte donano al visitatore una visione intima e naturale, svelando quel sentimento di ricerca e spontaneità che spesso si disperde nella complessità dell’opera d’arte finita.