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Giorgio Albertazzi chiude il festival "Tener-a-mente" al Vittoriale degli Italiani - stagione 2014

Con il Mercante di Venezia - domenica 3 agosto inizio ore 21.15
Data di pubblicazione: 31 July 2014

Descrizione

Giorgio Albertazzi - Il Mercante di Venezia

Domenica 3 agosto - ore 21.15

Regia GIANCARLO MARINELLI
scene PAOLO DORE costumi DANIELE GELSI

Shylock GIORGIO ALBERTAZZI
Porzia STEFANIA MASALA
Antonio SERGIO BASILE
Bassanio FRANCESCO MACCARINELLI
Jessica IVANA LOTITO

Note di Giancarlo Marinelli
Per me “Il Mercante di Venezia” è sempre stata la sinfonia della giovinezza. Antonio, Bassanio, Lorenzo, Porzia, Jessica, sono l’incarnazione del sublime epigramma di Sandro Penna: “Forse la giovinezza è solo questo/ perenne amare i sensi e non pentirsi”.

In nome dell’amore non c’è pentimento se si domanda una fortuna in prestito ad un amico con il rischio di rovinarlo; in nome di una libbra d’amore non c’è rimpianto se, per un amico, sei disposto a dare in garanzia una libbra della tua carne; e non c’è tormento, né dolore, se, per seguire un uomo che ti fa una serenata giù dal balcone, fuggi dalla famiglia, calpesti il cuore di un padre che per te solo vive, trafugandogli dalla casa le cose più preziose; persino quando, (come nel caso di Porzia- Amleto), l’ombra del padre defunto continua a condizionare la tua scelta d’amore, tenendoti a guinzaglio, direttamente dall’Ade, o il dogma cieco di una legge sembra spegnere definitivamente il tuo sogno di felicità, intervengono puntuali un sotterfugio o un travestimento, un colpo di teatro e di giovinezza, (che son la stessa cosa), in grado di infrangere gli ostacoli.

Sarà per questo che la Venezia di Shakespeare, nella mia fantasia, nulla a che vedere con quella pastellata ed appestata di Thomas Mann o con quella livida e morente di Giuseppe Berto; immagino questa Venezia simile ad una spiaggia della California; ragazzi bellissimi, donne sinuose come sirene, moto (scafi) che alzano la sabbia e le onde, un senso continuo di vertigine, una perpetua vacanza, musica dappertutto, feste dappertutto, un sabato sera periodico nella impossibile moltiplicazione della giovinezza: questi ragazzi veneziani fanno continuamente ciò che io, ogni volta che approdo in Laguna, vorrei fare: il bagno. Li vedo sempre umidi e seminudi, distesi al sole; anfibi verticali che sbracciano e abbracciano la città.

E Shylock? Da dove vengono la sua malvagità, la sua avarizia, la sua ostinazione a fiutare, fino ad asportare, l’odore del sangue? Mi son sempre chiesto: Shylock è semplicemente un antagonista agli eroi sopra citati? Shylock è unicamente la nota dissonante e stonata dentro alla sinfonia della giovinezza? Chi è veramente Shylock?

Ho visto e soprattutto letto, la riduzione, (o forse l’ampliamento, o forse la perizia poetico ermeneutica), firmata da Giorgio Albertazzi, e mi sono bastate poche parole per risolvere il mistero: “Dovrebbe essere giorno secondo lo schema spazio-tempo, invece per noi è sera. Diciamo tramonto”, scrive Albertazzi.

Giorgio Albertazzi ha fatto del “Mercante” un perfetto ibrido che sembra ora scritto da Strindberg e ora da Sartre, passando per la lussuria di Baffo e per i giocosi azzardi di Goldoni. Ha subito capito, fin dai vagiti della luce, che qui l’alba e il mattino, (sommariamente intesi come il primordio della vita e quindi la giovinezza), e il tramonto e la sera, (da considerarsi come tenebra, come male: come Shylock), sono di fatto non distinguibili: è come se i giovani veneziani e il vecchio ebreo siano cerchi nell’acqua creati dallo stesso sasso, riflessi specchianti dello stesso corpo, della stessa vita: Shylock odia Antonio, Bassanio e la loro cricca perché vorrebbe depredare quella giovinezza che non ha più, (di qui l’ossessione per la libbra di carne, che ha, di fatto, lo stesso significato dell’ossessione per l’immortalità di Faust); e Antonio e Bassanio detestano Shylock perché, in qualche modo, in lui scorgono il tramonto, il capolinea, il bicchiere rotto a fine festa che, inesorabilmente, li attende. In questo senso Shylock è Antonio; Shylock è Bassanio; Shylock è Porzia. E’ tutto ciò che sono e tutto ciò che saranno. Per questo Shylock non può essere l’ebreo rachitico, obliquo ed incartapecorito tratteggiato da Celine; anzi, è uno splendido condottiero, un ipnotico sciamano che si muove tra le calli a bordo di una stranissima zattera, (così come aveva immaginato Zanzotto per un film di Fellini).

 Shylock, per me, è magnetico, irresistibile, perfettamente padrone di ogni avventura e sventura; tanto da rendersi conto, nel processo finale, che Porzia si è travestita da giureconsulto: è Shylock che decide di chinare il capo, di perdere tutto. Di tornare giovane dentro a Porzia. Sì; Shylock è l’uomo più bello e più giovane che io conosca. E’ Giorgio Albertazzi.

Giancarlo Marinelli


Corriere spettacolo
“Il Mercante di Venezia” trova in Giorgio Albertazzi uno Shylock dolorosamente contemporaneo. Lo spettacolo diretto da Giancarlo Marinelli ha nell’interpretazione del grande attore fiorentino il suo straordinario punto di forza.

Venezia. Un ponte, due paline di ormeggio, il mare e la Thora che si alternano sullo sfondo. La città si erge imponente con le sue regole e domina i personaggi lasciandoli muovere in luoghi ove a regger son le leggi del commercio. La Venezia dei mercanti, dove lo scambio di merci, denaro e servi fa da costante al vivere di ognuno.

E’ in questo contesto che la tragicommedia più controversa di Shakespeare si snoda portando alla luce grandi temi: religione, amicizia, amore, antisemitismo.

La regia di Giancarlo Marinelli rende attuale come mai la vicenda. Protagonista Shylock, “ebreo strozzino, cane rognoso” al quale il mercante Antonio si rivolge per permettere all’amico Bassanio (magistralmente interpretato da Francesco Maccarinelli) di corteggiare la ricca Porzia. Shylock pretende come obbligazione, se la somma non sarà pagata il giorno fissato, il diritto di prendere una libbra di carne sul corpo di Antonio. Bassanio accompagnato dall’amico Graziano, ottiene la mano di Porzia, nel mentre una serie di legami amorosi vengono a crearsi tra cui quello fra la figlia di Shylock e il cristiano Lorenzo. Arriva la notizia che, a causa di un naufragio, le navi di Antonio non arriveranno e pertanto Shylock pretende da quest’ultimo l’obbligazione pattuita. Sarà grazie all’ intervento di Porzia che le posizioni dei protagonisti verranno a capovolgersi e con esse l’ epilogo annunciato della vicenda.

Lo spettacolo alterna momenti di grande riflessione e intimo sentire a lievi sberleffi di un fare giocoso. Ragazzi innamorati disposti a tutto pur di raggiungere Amore. La bella Porzia che si prende gioco, insieme con le sue dame, dei pretendenti. Jobbino (la bravissima Cristina Chinaglia), allegro fedele servo veneziano, che con fare sberleffo porta missive e aiuta i suoi padroni, è una meravigliosa nota di pura allegria che si muove lungo tutto lo scorrer del testo. Apparentemente la sola nota dissonante sembrerebbe  Shylock che, spietato come mai, rifiuta di mostrarsi misericordioso.

È grandezza di Giorgio Albertazzi a conferire, ciò nonostante, un’ umana aurea al personaggio. Lento il suo muoversi, chino il capo pensando alla figlia scappata via, sofferente nel suo monologo d’un ebreo ghettizzato in una città ove solo ai cristiani e concessa la dignità.

 La storia, sembra aver un lieto fine, il peso della giustizia si erge imponente stabilendo una sentenza che sembra dar ad ognuno ciò che merita, eppur resta la sensazione che tutto quanto sia stato conquistato con l’ inganno e il denaro svanisca in un attimo lasciando ai giovani la delusione e l’incertezza e ai vecchi la solitudine e l’amarezza.

Roma,Teatro Ghione – 30 gennaio 2014 - Elena Grimaldi

Il grido

La dark comedy di William Shakespeare “Il Mercante di Venezia”, in scena al Teatro Ghione fino al 16 febbraio, è nota. Lo squattrinato Bassanio (Francesco Maccarinelli), innamorato della nobile Porzia (Stefania Masala), ha bisogno di una grossa somma di denaro per conquistare il suo cuore. Antonio (Sergio Basile), il mercante, gli fa da garante presso il ricco ebreo Shylock (Giorgio Albertazzi), che però detesta a morte. Shylock poi nutre per lui e il resto dei cristiani un astio antichissimo. L’ebreo presterà i 3000 ducati al mercante ad una condizione: riaverli entro tre mesi, altrimenti otterrà da Antonio una libra della sua carne. Dietro la brutalità della richiesta, il cinismo di Shylock, l’atmosfera fosca della Venezia del XVII secolo c’è il romanticismo degli innamorati, la giocoleria di Job (Cristina Chinaglia), la favola degli scrigni di Porzia e delle ancelle. Due mondi speculari, quello fiabesco e casalingo di Belmonte, dove Porzia attende il suo amore, e quello fazioso della città lagunare, nebbiosa, notturna, macabra.

Il ponte sullo sfondo facilita i passaggi dell’ambientazione, mentre l’impianto drammaturgico, sebbene complesso, gode della notevole interpretazione degli attori. Tutti bravi (chi più chi meno), esilarante l’interpretazione del servo Job con una Cristina Chinaglia chiassosa (l’unica a padroneggiare il veneziano), accompagnata dalla musica giusta e dai tempi corretti della scena.

Ma quando compare sul palco Shylock si è di fronte ad un altro spettacolo. Entra piano, a stento si fa guidare dal suo bastone vermiglio, indossa una tonaca lunga celeste, sul capo porta la kippah da ebreo osservante. La sua è una presenza magnifica. La voce, il tono, l’espressione sono naturali, Giorgio Albertazzi è veramente Shylock. Non recita, non esita con le battute, non fa il birignao. Lui ha solo sete di vendetta. Si è intestardito ad ottenere la libra di carne dal petto di Antonio per ricambiarlo di tutte le offese sopportate, degli insulti subiti. Shylock è il nemico per antonomasia, il nemico dei giusti, dell’amore cortese, di ogni principio benevolo. E poi è soprattutto un usuraio, qualcosa che va al di là dell’epiteto dato ad un antagonista; Shylock fa un patto che è un sacrificio in cui tutto è simbolo: la religione, la giustizia, il tradimento.

Albertazzi, icona del teatro italiano, con i suoi novant’anni, è l’emblema del male e del fallimento. E’ spietato, freddo, avido nel linguaggio prima, fragile e arrendevole nel corpo dopo. In questa versione registica di Giancarlo Marinelli, l’opera Shakespeariana è troncata nel quinto atto con un finale dal sapore tutt’altro che comico. Tutti i personaggi pagano le loro colpe perdendo tutto: chi l’amore, chi il denaro... L’ebreo, oltre agli averi e la rivalsa sul mercante, perde l’amore della figlia Jessica (Ivana Lotito); Bassanio e Graziano (Diego Maiello) tradiscono la fiducia delle loro donne perdendole così definitivamente. Un finale drammatico in cui la tematica della vendetta, del rancore di uno, si traveste della frustrazione e della delusione di tutti. Una vittoria gloriosa va però al cast applaudito a lungo. [serena giorgi]

Teatro Italiano
Il Mercante di Venezia è tra le opere più note e più ambigue di Shakespeare, ricca di simboli e di livelli di lettura. Può, quindi, risultare un rischio per alcuni registi avvicinarsi a questo testo. La versione di Giancarlo Marinelli, che sarà in scena al teatro Ghione fino al 16 febbraio, ruota principalmente e appropriatamente intorno alla figura dell’ebreo Shylock e, di conseguenza, a Giorgio Albertazzi che ne veste i panni. La figura del vecchio ebreo, così come quella del grande attore, dal momento della sua uscita attira l’attenzione dello spettatore, costantemente dubbioso se detestare o se allinearsi con quell’uomo solo, abbandonato anche dalla figlia per l’avidità con cui centellina i suoi sentimenti, oltre che i suoi soldi. Si esce dal teatro soddisfatti grazie alla prova attoriale di Albertazzi, che con pochissimi gesti e movimenti, trasmette il senso di meschinità patologica di uno dei più importanti personaggi shakesperiani.

La scelta forse discutibile di eliminare l’ultimo atto, in cui i riflettori nel testo originale si spostano totalmente da Venezia a Belmonte, sottolinea ancora una volta la decisione di incentrare lo spettacolo sul prestito e sulla risoluzione dello stesso, piuttosto che sulla secondaria vicenda, ben più leggera e divertente però, dell’innamoramento di Porzia con Bassanio.

Azzeccata la scelta delle musiche e delle immagini sullo schermo dietro la semplice scenografia: un classico ponte veneziano che si trasforma all’occasione in un balcone della dimora di Shylock o nella villa di Porzia a Belmonte. Se alcuni tra gli attori più giovani risultano a volte leggermente sopra le righe o ancora acerbi, appaiono degni di nota per la loro maturità teatrale sia Cristina Chinaglia, nei panni di Lancillotto/Giobbino, che primeggia con un simpatico accento veneto, sia Stefania Masala, perfetta nei panni di Porzia, e Sergio Basile, che, in linea con i desideri del grande autore inglese,  porta in scena un Antonio innamorato, più che amico, del suo caro Bassanio.
Andrea Di Carlo

Ulteriori informazioni

Data di pubblicazione
31 July 2014

Ultimo aggiornamento
2022-07-15 17:17:45